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    Giorgio Graffer

    Una carriera alpinistica fulminante
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Giorgio Graffer

Una carriera alpinistica fulminante

 

Giorgio Graffer (1912 – 1940)

Giorgio Graffer

Trento 8 maggio 1912 - Albania 20 novembre 1940

Accademico del CAI

Medaglia d'Oro al Valor Militare

Uno dei migliori arrampicatori del suo periodo. Svolse la sua attività alpinistica soprattutto sulle Dolomiti ed in particolare nel Gruppo del Brenta, dove il suo nome è legato ad alcune realizzazioni di primissimo piano, tutte compiute in giovanissima età e con uso di mezzi tecnici molto limitati.


Dalle paretine dietro casa del Dos Trento alle verticalità delle Dolomiti e del Gruppo di Brenta, al cielo che si accende dei bagliori dei duelli aerei, il percorso alpinistico e umano di Giorgio Graffer inizia proprio oltre il muro dei giardini di casa, in compagnia dei fratelli Paolo e Renzo e soprattutto della sorella Rita. Irruenza giovanile talvolta frenata dai pompieri chiamati per recuperare da situazioni difficili gli irrequieti fratelli Graffer.
Una carriera alpinistica fulminante quella di Giorgio Graffer fatta di poche, ma oltremodo rilevante ascensione; le sue vie rimangono passaggi fondamentali nella storia alpinistica delle Dolomiti tra le due guerre, in piena epopea del VI grado. Legate soprattutto ad una cima, forse la più bella di tutte: il Campanile Basso. Giorgio Graffer lo sale per la prima volta a soli 14 anni. Sua sorella Rita non sarà da meno: a 16 anni condurrà il fratello Paolo lungo la Via Preuss sulla parete est strappando l’ammirazione nientemeno che di Tita Piaz.
Poi una dopo l'altra ne ripete tutte le vie e nel 1933 ne sale lo spigolo nord con la sorella Rita. L'anno dopo, nel 1934, con Antonio Miotto, un compagno dell'accademia aeronautica, ecco la famosa via sullo "spallone" del Basso, ascensione che Graffer compie a piedi nudi nei suoi tratti più impegnativi, ancor oggi valutato V e VI.
A soli 21 anni Giorgio Graffer è nominato accademico del CAI, è uno dei più giovani e promettenti alpinisti trentini ma il cielo azzurro ammirato tra le cime del Brenta diventa un amore più forte. La sfida alla gravità è un gioco che Graffer predilige ma questa volta tra le mani non ha una corda, ma la cloche del suo "Macchi" da combattimento. Tra i corsi dell'accademia di Caserta trova però sempre il tempo per una scalata, per una nuova via sul Brenta: il 1937 è l'anno della parete est della Tosa con Bruno Detassis.
Torino è la base della 365° squadriglia del secondo stormo caccia. Il 14 agosto 1940, in volo notturno di ricognizione sopra Torino, Giorgio Graffer scorge le luci di un bombardiere inglese i cannoncini dei velivoli sputano fuoco, l'aereo di Graffer è colpito ed a questo punto lo lancia sul bombardiere nemico, ne danneggia il motore fino a farlo precipitare, precipita a sua volta e si salva lanciandosi con il paracadute.
Un gesto che giustificò la medaglia d'oro al valore militare. Una medaglia che Giorgio Graffer non si appuntò mai sulla sua divisa. Qualche mese dopo, il 20 novembre, il suo volo s'interrompeva per sempre sopra il cielo di Santiquaranta sul fronte albanese nel corso di un impari scontro aereo con l'aviazione inglese.

 

Poesia dedicata a Giorgio Graffer (Trento 8 maggio 1912 – Albania 28 novembre 1940) per il 75° anno della scomparsa

di Massimo Dorigoni (Accademico Gism e socio Cai-Sat) 

 

El pilota

 

El zìel azuro

è deventà tut griss

e i gabbiani bianchi,

neri pipistrèi,

s’è trasformà

la paze ‘n de ‘na guèra

così ho perdù de’n colp

i ani pù bèi.

 

‘No ghèra pù per mi

montagne e alte zime,

compagni de aventura

e tramonti de amirar,

ma gh’era ‘n osèlon

tut de lamiera

con tacà su le bombe

da sganciar.

 

Sora de mi

sol el Signore Dio

e soto l’Albania,

disevo le orazion

al Padre Eterno

mis’ciade dent

con qualche Ave Maria.

 

No è servì po’ a gnent

tut el me creder,

son cascà zo

come ‘na fòia verda

da l’alber de la vita

e così sia…

 

Il pilota

 

Il cielo azzurro

è diventato tutto grigio

ed i gabbiani bianchi,

neri pipistrelli,

si è trasformata

la pace in guerra

così ho perduto all’improvviso

gli anni più belli.

 

Non c’erano più per me

montagne e alte cime,

compagni di avventura

e tramonti da ammirare,

ma c’era un grande uccello

costruito con la lamiera

con attaccate le bombe

da sganciare.

 

Sopra di me

solo il Signore Dio

e sotto l’Albania,

dicevo le preghiere

al Padre Eterno

mescolate

con qualche Ave Maria.

 

Non è contato a nulla

tutto il mio credo,

sono caduto

come una foglia verde

dall’albero della vita

e così sia…

 

 Graffer, eroe di ieri e di oggi

di Fabrizio Goria

 

Secondo l’Enciclopedia Treccani, un eroe è colui che dà prova di grande abnegazione e di spirito di sacrificio per un nobile ideale. E forse è proprio per questa definizione, tanto semplice quanto profonda, che è arduo trovare nei nostri giorni una persona che possa incarnare tale concetto. Bisogna tornare indietro con gli anni. Bisogna tornare nella Trento del 14 maggio 1912, quando nacque Giorgio Graffer.

Giorgio Graffer non era solo un alpinista. Prima di tutto era un uomo, impavido e tenace, che ha saputo sfidare, con mezzi limitati, quanto di più grande c’è nel mondo. Le Terre alte sono state il suo campo d’azione. Sia professionale, volando laddove nessuno aveva il coraggio di farlo, sia passionale, laddove nessuno aveva il coraggio di arrivare. Di Graffer i più ricordano le imprese come pilota di caccia della Regia Aeronautica durante la Seconda guerra mondiale, azioni che gli hanno strappato la vita prematuramente a soli 28 anni e gli hanno fatto guadagnare una medaglia d’oro al valore militare alla memoria. Siamo seri: la “vita spericolata” di Graffer, così la definì Riccardo Decarli in un maestoso libro pubblicato con la Società degli alpinisti tridentini (Sat), servirebbe anche oggi. C’è bisogno di ritrovare una razionale follia capace di portare i giovani alla riscoperta di valori perduti quali il rispetto, l’ambizione, la tenacia, la perseveranza, la limpidezza d’animo e l’equilibrio morale.

I più ricordano l’incredibile verticalità raggiunta da Graffer sul Campanile Basso nelle Dolomiti di Brenta, ma sarebbe riduttivo pensare che un giovane così virtuoso possa essere rammentato solo per una via alpinistica. Certo, quest’ultima è ancora una delle più eleganti, ardite e impegnative dell’intero arco alpino, e lui ha arrampicato sul Campanil per la prima volta a 14 anni, ma il lascito di Graffer va oltre. Non importa che a soli 21 anni Graffer sia stato nominato socio accademico del Club alpino italiano (Cai). Quella fu una naturale conseguenza di un’indole quasi impossibile da trovare ai giorni nostri. Lo spirito di esplorazione, di ricerca dell’ignoto, unito a una sana predisposizione per il rischio calcolato, hanno spinto Graffer verso la Tosa, verso il Campanile alto, il Basso, la Sega alta, la Polsa. Col sorriso dei vent’anni sulle labbra, la capacità di gestione della paura nella mente, la forza della perseveranza nelle braccia e la tenacia dei giusti nelle gambe, Graffer fu capace di segnare vie raffinate con garbo e delicatezza. Non è un caso che le sue vie rappresentino dei passaggi fondamentali nella storia alpinistica delle Dolomiti tra le due guerre, in piena epopea del VI° grado.

La memoria di Graffer continua e viene rilanciata. Dapprima raccontando il suo coraggio e le sue indubbie capacità alpinistiche. E poi tramite la Scuola di alpinismo e scialpinismo “Giorgio Graffer” della Sat del Cai, che il prossimo 27 settembre festeggerà il 75esimo anniversario della sua fondazione proprio in quelle Dolomiti di Brenta che videro Graffer protagonista delicato, ma incisivo. Si tornerà quindi al rifugio che porta il nome del giovane che scalò lo Spallone sul Basso, sapendo gestire la paura sua e l’ansia dei familiari per quello che si pensava fosse uno sforzo inumano per l’epoca. Così non era.

Winston Churchill disse che “il successo non è mai definitivo, il fallimento non è mai fatale; è il coraggio di continuare che conta”. Sono parole che ben si adattano alla vita di Graffer. La battaglia quotidiana contro i propri limiti è funzionale alla crescita interiore e quest’ultima è la chiave per superare gli ostacoli che sembrano impossibili. In un mondo che corre a una velocità che spesso impedisce di ricordare chi ci ha preceduti, e quindi di poter imparare a come gestire il nostro futuro, non è deleterio fermarsi per un istante, chiudere gli occhi, respirare a pieni polmoni e rifletter su chi, alla nostra età, aveva già fatto la storia. Piccoli gesti, movimenti delicati, quelli di Graffer. Ma carichi di una passione che oggi è ostica di scorgere. Non è però impossibile. Citando un altro statista passato, Napoleone, è possibile comprendere perché Graffer deve continuare a vivere: “L’immortalità è il ricordo che si lascia nella memoria degli uomini. Quest’idea spinge a grandi imprese. Meglio sarebbe non aver vissuto che non lasciare tracce della propria esistenza”. E di grandi imprese, il mondo di oggi ne ha un tremendo bisogno.


 

Le ascensioni più rilevanti

  • Dito dell'Ideale: Parete O - IV grado con Renzo Videsott (capocordata) il 24 luglio 1927.
  • Campanile Alto: Parete S - V grado con Renzo Videsott (capocordata) il 30 luglio 1927.
  • Cima Civetta: Diretta alla cresta N con Renzo Videsott e Domenico Rudatis l'8 agosto 1929.
  • Cima Ceda Orientale: Parete NE - IV e V grado con Silvio Agostini (capocordata) nell'agosto 1929
  • Croz del Rifugio: Camino O - V grado con Silvio Agostini (capocordata) il 30 agosto 1929.
  • Brenta Alta: Spigolo S - III e IV grado con Cornelio Fedrizzi nell'agosto 1930 e successive varianti con Paolo Graffer e T. Sarsimont nell'estate 1934.
  • Cima Tosa: Canalone S - AD via su ghiaccio nell'agosto 1932.
  • Crozzon di Brenta: Parete est - IV grado con Rita Graffer e Antonio Miotto nell'agosto 1933.
  • Punte di Campiglio: Via del canalone S - IV superiore con Lorenzo Viesi nell'agosto 1933.
  • Campanil Basso: Spigolo NE - V grado con Rita Graffer il 24 agosto 33.
  • 13a Torre di Kiene: Spigolo NE - V grado con Marcello Pilati il 19 luglio 1934.
  • Campanil Basso: Spallone spigolo SO - VI grado con Antonio Miotto nell'agosto del 1934.
  • Brenta Alta: Parete ENE, Via dei camini - III grado con Paolo e Rita Graffer nell'estate 1934.
  • Cima degli Armi: Parete S (variante inferiore alla variante Schmitt e variante superiore alla Via Kiene) - VI grado inferiore con Paolo Graffer il 3 agosto 1937.
  • Cima Polsa: Spigolo E - V e VI grado con Paolo Graffer il 5 agosto 1937.
  • Sentinella del Campanil Basso: Parete E dell’anticima - IV grado con Paolo Graffer il 9 agosto 37.
  • Cima Tosa: Parete E (pilastro di destra) VI grado inferiore con Bruno Detassis il 13 agosto 1937.

 

Foto Giorgio Graffer